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Pescara, 16/05/2025
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Data: 05/09/2016
Testata giornalistica: Il Messaggero
Prestito pensionistico, prima i disoccupati. Anticipo, il nodo delle penalizzazioni: dal 2-3% fino a un massimo di quasi 20

CERNOBBIO I conti pubblici impongono interventi ragionati, ma il governo «farà il massimo» sul fronte della previdenza, dall'aumento delle pensioni minime alle uscite anticipate. Interventi che si dovrebbero aggirare attorno ai due miliardi di euro, «ma non c'è ancora un numero certo, la cifra è da definire», dice il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. L'obiettivo però è chiaro: accontentare sia chi deve andare in pensione sia chi in pensione c'è già. «La nostra intenzione non è quella di fare liste, bensì di equilibrare gli interventi tra le due categorie», spiega alla platea del forum Ambrosetti.
INTERVENTI MIRATI L'operazione è complessa, solo l'anticipo pensionistico e quattordicesima valgono 1,3 miliardi, difficile aiutare tutti. «All'interno del governo ci sono diverse posizioni. L'aspirazione è fare il massimo, poi bisogna tenere conto della compatibilità. Sappiamo che ci sono interventi meno e più costosi, ma i paletti non sono stati ancora fissati e cercheremo un equilibrio tra le diverse misure», spiega il ministro. Su alcune - come le pensioni minime, l'anticipo e le ricongiunzioni onerose, ovvero la possibilità di riunificare senza pagare i contributi versati a diverse casse previdenziali - «abbiamo una convergenza di opinioni sul fatto che bisogna intervenire. Questi saranno i cardini e poi in ragione delle risorse cercheremo di gestire una flessibilità anche delle soluzioni». Con una premessa generale: «Partiremo da chi è in difficoltà, da chi ha più bisogno, quindi dalle pensioni minime e dall'anticipo pensionistico, per aiutare chi ha perso il lavoro e ha esaurito tutti gli ammortizzatori sociali». Ma proprio l'anticipo incassa la bocciatura di Susanna Camusso, segretario generale della Cgil: «Alla fine ha come obiettivo quello di continuare a ridurre gli assegni pensionistici in un Paese che ha già un problema di povertà delle pensioni». In tema previdenziale interviene anche il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: «E' evidente che dobbiamo prima allargare la torta poi affrontare la questione delle diseguaglianze, se proprio dobbiamo affrontarla va affrontata sulle pensioni minime», afferma. Anche in un'ottica di rilancio dell'economia. «I redditi più bassi sono quelli che soffrono di più, e quelli che orientano di più alla domanda del Paese. Il progetto complessivo che dobbiamo affrontare è costruire un patto sulla crescita e la stabilità. La crescita è la precondizione alla stabilità. Se continuiamo a parlare solo di stabilità prescindendo dalla crescita facciamo un grave errore».

Anticipo, il nodo delle penalizzazioni: dal 2-3% fino a un massimo di quasi 20

ROMA Una penalizzazione di fatto che senza l'intervento pubblico, sotto forma di detrazione d'imposta, può arrivare a sfiorare il 20 per cento della pensione netta, mentre per le categorie più disagiate non dovrebbe superare i 2-3 punti. L'anticipo pensionistico (Ape) ruota tutto intorno all'entità delle rate che per vent'anni andranno a ridurre il trattamento definitivo degli interessati, a compensazione delle somme percepite nel periodo di anticipo (fino ad un massimo di tre anni e sette mesi). Inoltre sempre a rate, per evitare un unico esborso iniziale al momento in cui maturano i requisiti della vecchiaia, potrebbe essere corrisposto il premio assicurativo necessario per l'eventualità in cui il pensionato muoia prima della fine del periodo di vent'anni di ammortamento: anche questa voce contribuirebbe ad aumentare leggermente il taglio dell'assegno. Nei prossimi incontri a partire da quello di domani con i sindacati il governo dovrà iniziare a scoprire le carte su questo punto, specificando quale sarà l'impatto del beneficio fiscale, differenziato per le varie platee interessate. L'idea è favorire al massimo coloro per i quali accedere anticipatamente alla pensione non è una scelta ma una necessità, a causa della perdita del posto di lavoro e dell'impossibilità di trovarne un altro o di sfruttare altre forme di ammortizzatori sociali. In questi casi l'incidenza dello sconto arriverebbe a coprire se non tutto l'esborso almeno il 90 per cento e la penalizzazione non supererebbe quindi il 2-3 per cento.
LA SCELTA Sul versante opposto, coloro che decidono di lasciare il lavoro per una scelta di vita, avendo in partenza un lavoro sicuro e un buon reddito non percepirebbero la detrazione cumulando quindi un taglio che può arrivare al 15-20 per cento nei casi più sfavorevoli. Naturalmente l'entità della penalizzazione aumenta quanto più sono ampi il periodo di anticipo e la quota percentuale di pensione percepita come trattamento provvisorio: tutte scelte che dipendono dall'interessato.

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