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Pescara, 15/05/2025
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16/05/2017
Il Centro
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La tragedia del Gran Sasso - Mappa mai fatta, sequestri negli uffici. Rigopiano, nuovo fronte d'indagine per disastro colposo: una legge del 1992 introdusse l'obbligo del piano slavine. Mai arrivato |
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L'AQUILASotto sequestro 25 anni di documenti per una Carta del rischio valanghe mai approvata. Ieri, nell'inchiesta sulla tragedia di Rigopiano con 29 morti, i carabinieri forestali di Pescara si sono presentati all'Aquila, nell'ufficio Prevenzione rischi della Protezione civile della Regione Abruzzo. E hanno portato via decine di verbali. A partire da una legge regionale fantasma, la numero 47 del 1992: approvata per «l'accertamento dei pericoli e dei rischi da valanga» in Abruzzo e «la salvaguardia della pubblica e privata incolumità» ma dimenticata. Questo l'obbligo (mai rispettato) introdotto dalla legge 47: con un fondo di 300 milioni di vecchie lire, la Regione avrebbe dovuto stilare una mappa (1 a 25 mila) con le aree «che presentano pericoli potenziali di caduta di valanghe». Ma quella legge è rimasta lettera morta: nel 1993, in una riunione del Comitato tecnico regionale per lo studio della neve e valanghe (Coreneva), si sollecitò la redazione della perimetrazione del rischio valanghe entro 20-30 giorni ma non se ne fece niente. Una beffa perché l'iter è ripartito solo dopo la tragedia. A distanza di 25 anni, quei 23 articoli di legge diventano il primo tassello di una nuova fase dell'inchiesta su Rigopiano: dopo le prime contestazioni di omicidio colposo e lesioni per 6 indagati, si apre un fronte bis che riguarda il reato di disastro colposo e che potrebbe portare a nuovi indagati. I sequestri di ieri sono figli di un esposto presentato dal Forum H2O che ha denunciato la presunta «omissione» della Regione già 7 giorni dopo la valanga che si è abbattuta sull'albergo di Farindola. Ma cosa sarebbe potuto succedere se quella legge regionale fosse stata rispettata? L'area di Rigopiano avrebbe potuto essere inserita in due differenti fasce di rischio: «prima categoria», con un «rischio permanente e non eliminabile» e un vincolo di inedificabilità, o «seconda categoria» con un «rischio che può essere sufficientemente ridotto o eliminato con adeguate opere o interventi di prevenzione». Significa che l'hotel Rigopiano sarebbe potuto non esistere - sorto nel 1967 e poi chiuso per lungo tempo, fu riaperto nel 2008 dopo il restauro - o che avrebbe dovuto avere dei paravalanghe. Però quella legge morì sul nascere. E ora, coordinati dal pm Andrea Papalia, i carabinieri forestali vogliono capire perché non è stato fatto niente. Acquisiti anche gli atti sul Catasto delle valanghe, cioè un elenco storico dei fenomeni: la prima delibera risale al 2002, nel 2006 fu affidato l'incarico a un'azienda che svolse la commessa in 4 mesi, ma l'iter è rimasto sospeso fino al 2014 quando la giunta Chiodi ha approvato il Catasto. È un documento da cui emerge che tra il 1999 e il 2005 si sono verificate tre slavine a poca distanza dal resort; se si allarga l'area tra Farindola e il paese confinante Arsita le valanghe salgono a 10 negli stessi 6 anni.
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