Iscriviti OnLine
 

Pescara, 26/04/2024
Visitatore n. 736.383



Data: 11/06/2017
Testata giornalistica: Il Messaggero
Telefona alla moglie e si spara. Sconvolti gli amici della Tua, ex Gtm. Sempre disponibile con i colleghi. «Siamo sotto choc - racconta uno di loro, Patrizio Gobeo -. Franco era un uomo equilibrato ed educato. Gli piaceva stare in compagnia ed aveva due grandi doti: sapeva ascoltare e parlava solo quando conosceva ciò di cui si stava discutendo. L'ho incrociato venerdì sera, a lavoro, intorno alle nove: non c'era niente che potesse far immaginare una tragedia simile»

Si è ucciso sparandosi alla testa mentre era al telefono con la moglie. È morto così Franco G., 43enne autista della Tua, padre di una bimba di nove anni e di un bimbo di cinque. La tragedia ha sconvolto Francavilla, dove la vittima viveva con la famiglia. L'uomo si stava separando dalla compagna di due anni più giovane: all'origine del gesto, probabilmente, il fatto che non riuscisse ad accettare la fine della relazione, oltre ad alcuni problemi personali. Aveva già preparato le valigie e a breve avrebbe lasciato l'appartamento per trasferirsi a Montesilvano, avendo disponibilità di un'altra casa.
Ieri mattina la moglie, insieme ai due bimbi e alla baby sitter era a bordo di un autobus diretto al parco acquatico di Riccione: nei pressi di Ancona ha ricevuto la chiamata del marito. I due hanno avuto una discussione in cui l'uomo ha annunciato l'intenzione di mettere fine alla propria esistenza. Subito dopo la donna ha udito per telefono il rumore dello sparo. Sono stati attimi drammatici: lei ha chiesto all'autista di fermare il bus, è scesa dal mezzo ed è stato lanciato l'allarme alla polizia. Allarme poi girato alle forze dell'ordine abruzzesi, che si sono subito attivate per i soccorsi. Inizialmente non era chiaro in quale casa si trovasse l'uomo: i carabinieri hanno perciò raggiunto entrambe le abitazioni. Il corpo è stato trovato nell'appartamento di Francavilla. Sono stati i vigili del fuoco ad aprire la porta. La vittima era in camera da letto, sul pavimento, in una pozza di sangue. Inutile l'intervento del 118: l'uomo era già morto per un colpo alla testa che lui stesso aveva esploso con la sua pistola da poligono, regolarmente detenuta. Le indagini sono state avviate dai carabinieri della locale stazione e del nucleo operativo e radiomobile di Chieti.

LITIGI FREQUENTI Dopo la ricognizione del medico legale, su disposizione del pm di turno, la salma è stata riconsegnata alla famiglia. I vicini raccontano di litigi tra la coppia sempre più frequenti. Informata della tragedia, la moglie è ritornata a Francavilla, dove è stata ascoltata dagli investigatori. Sconvolti gli amici della Tua, ex Gtm. Franco, autista a Pescara sulle tratte urbane, è descritto da tutti come un lavoratore esemplare, sempre disponibile con i colleghi. «Siamo sotto choc - racconta uno di loro, Patrizio Gobeo -. Franco era un uomo equilibrato ed educato. Gli piaceva stare in compagnia ed aveva due grandi doti: sapeva ascoltare e parlava solo quando conosceva ciò di cui si stava discutendo. L'ho incrociato venerdì sera, a lavoro, intorno alle nove: non c'era niente che potesse far immaginare una tragedia simile».

«La sensazione dell'abbandono dietro il gesto»

«Il suicidio in diretta, con la moglie all'ascolto, è la prova regina di ciò che non funzionava nella vita di quest'uomo. La modalità scelta per farla finita indica una quota di aggressività, di frustrazione, di tentativo di attribuire sensi di colpa a questa donna che, nella mente disturbata del suicida, era la responsabile dell'impossibilità di proseguire la sua esistenza». È la lettura che lo psichiatra Massimo Di Giannantonio dà alla tragica vicenda di Francavilla. «Un atto così violento nei confronti di se stesso, ma anche verso la moglie e la prole, mostra un dato inequivocabile: l'immaturità, l'infantilismo, la dipendenza di quest'uomo dalla figura femminile - spiega l'esperto, presidente dei professori ordinari di Psichiatria italiani -. Il messaggio che manda alla moglie è il seguente: non sono un padre, non sono un marito, ma sono un bambino abbandonato da una figura vissuta come materna e come onnipotente». Quando si è sparato, Franco Gabriele era solo. «In questo caso - continua il professor Di Giannantonio - non esiste il tema di compiere il gesto insano nel momento della solitudine. La cosa che balza agli occhi è che lui si uccide quando vive la sensazione dell'abbandono. Per essere più chiari, è come se dicesse alla moglie: io muoio perché non sono in grado di sopravvivere da solo in quanto, in realtà, tu mi hai lasciato. In questa relazione proiettiva, nella quale la moglie diventa un impossibile sostituto materno, lui con il suicidio abbandona i figli non essendo mai riuscito a maturare e a rendersi consapevole nel proprio ruolo paterno». Fatti di questa gravità, chiude Di Giannantonio, «nascono nel contesto di una solitudine umana, personale e professionale ancorché sociale. Nel momento più grave del bisogno, quest'uomo non ha saputo trovare alcun tipo di compagnia, di sostegno, di aiuto. È la fotografia di una solitudine esistenziale, morale, antropologica che indica in modo drammatico la qualità povera e inadeguata dei nostri mondi affettivi».

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it