ROMA Una giornata contro la violenza con 1300 donne ospitate dal presidente della Camera Laura Boldrini nell'aula di Montecitorio. Senza uomini. Un'occasione per raccontare il proprio vissuto, ma anche per confrontarsi. Se è vero quanto sottolinea Linda Laura Sabbadini, statistica italiana, dirigente Istat: «Il punto di partenza è apparentemente confortante: la violenza nel suo complesso sta diminuendo, ma si potrebbe fare di più». Qualche giorno fa è stato dato il via libera al primo Piano strategico nazionale (2017-2020) sulla violenza alle donne. Contiene le linee guida per le aziende sanitarie e ospedaliere in tema di soccorso, prevede stanziamenti: 33 milioni di euro all'anno per tre anni, oltre le voci che nei singoli bilanci ministeriali contribuiscono a sostenere le politiche di genere.
LA CORTE DEI CONTI
La speranza, però, è che la procedura per gli stanziamenti segua percorsi più agevoli, ma soprattutto che le somme arrivino realmente a destinazione. È dello scorso anno la conclusione della Corte dei conti, secondo la quale le risorse stanziate nel biennio 2013-2014 (20 e 17 milioni di euro) sono state gestite male. Aggiunge una indagine della Ugl (Unione generale del lavoro): «I finanziamenti nello stesso periodo non risultano ancora del tutto operativi sui territori e la loro assegnazione riflette il divario tra Nord e Sud, con quest'ultimo fortemente penalizzato dalla distribuzione di un minor numero di risorse nonostante la necessità di maggiore aiuto». Un problema non da poco, che vede somme importanti ferme al bando da assegnare o non ancora arrivate. Con la conseguenza di far trovare numerosi centri antiviolenza a rischio chiusura. E questo, nonostante la legge 119 del 2013, preveda il potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli.
Il finanziamento alle strutture passa per le forche caudine di un micidiale meccanismo dei bandi di assegnazione: gli stanziamenti vengono destinati solo a chi presenta il progetto più innovativo. Il problema, però, è che tutto questo avviene ogni anno, e che l'obiettivo dei centri è principalmente quello di accogliere le donne nelle case rifugio. E se qualcuna delle organizzazioni più grandi riesce ad avere la forza per ottenere il denaro, la cifra che arriva è destinata a finanziare unicamente il nuovo progetto, a scapito dell'accoglienza ordinaria. Un caso esemplare è quello che riguarda il Cadmi, la Casa delle donne maltrattate di Milano. La presidente Manuela Ulivi ha spiegato che «i 2 milioni e 772 mila euro stanziati dal governo per la Lombardia per il biennio 2013-2014 sono in fase di distribuzione adesso, e sempre attraverso bandi». Una volta ottenuti, dovranno essere destinati unicamente ai progetti presentati. E allora le donne si riescono ad aiutare - aggiunge Ulivi - «solo grazie alle donazioni dei privati».
LE CRITICITÀ
In Lombardia la generosità sembra funzionare, in altre Regioni è inesistente con il rischio di chiusura per moltissime strutture. Ne sa qualcosa Sos Donna h24, il Casale Rosa di via Grottaperfetta, che ha lottato negli ultimi anni per la sopravvivenza. Ed è molto critica anche la situazione della D.i.Re, l'associazione che raccoglie oltre 80 Centri. Mentre più positiva è la prospettiva di Telefono Rosa che sottolinea come, di fronte a risorse scarse, sia comunque un notevole passo in avanti assegnare ai centri ogni anno finanziamenti certi. Anche se le somme insufficienti generano anche un problema di posti di accoglienza. «Infatti - spiega l'avvocato Alessandra Lapadura, che fa parte del pool dei legali di Telefono Rosa - capita spesso che non ci siano i posti per tutte le donne che hanno bisogno di assistenza. Quindi se anche gli aiuti ci sono, molto è affidato alla buonavolontà del singolo».
Maria Elena Boschi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ritiene, però, che le cose siano cambiate. «Diciamo subito - ha dichiarato ieri durante la cerimonia a Montecitorio - che questa è stata una legislatura molto fertile da questo punto di vista. Siamo partiti con la ratifica della Convenzione di Istanbul (secondo cui la violenza sulle donne non è un fatto privato, ma è violazione dei diritti umani, ndr) e siamo andati avanti, con i governi Renzi e Gentiloni, affinché quei principi fossero messi in pratica attraverso il piano nazionale antiviolenza. Miriamo a supportare le donne a 360 gradi».