TERAMO A metà fra il saggio consiglio di un buon padre di famiglia e una puntualizzazione catartica. Luciano D'Amico, in una delle ultime uscite pubbliche in qualità di rettore dell'università di Teramo, sceglie la ribalta della Giornata dell'economia per fare un'analisi impietosa e appassionata della città di Teramo.«Questo territorio è una bella Ferrari ma col freno a mano tirato», esordisce al microfono della Camera di commercio. E poi parla di "modello Teramo", non quello ideato in passato da una parte politica, ma «di una visione, psicologicamente patologica, per cui si cercano di realizzare quelle che noi in economia definiamo "strategie di mungitura" in cui si tenta di utilizzare quel poco che c'è, senza sforzarsi di immaginare quello che ci sarà fra vent'anni. E c'è un blocco psicologico per cui ogni volta che qualche attore prova a immaginare qualcosa di innovativo gli vengono spezzate le gambe. Se si prova a uscire dal solco, le difficoltà sono immense perchè il "sistema" reagisce e alcune istituzioni lo contrastano». D'Amico auspica un sforzo comune per «eliminare questa cappa di piombo che impedisce alle energie migliori di emergere». E ricorda che la provincia si accinge ad accogliere una quantità enorme di finanziamenti, dai 53 milioni per il polo agro-bio serv a Piano d'Accio, a quelli per l'ex manicomio, al quarto lotto della Teramo-mare, alla ricostruzione: «evitiamo che questa massa di risorse non venga utilizzata, ad esempio, per rimpalli burocratico-amministrativi. Ogni volta che si cerca di muoversi si incontrano resistenze spaventose. Proviamo a togliere il freno a mano e a liberare le tante potenzialità che questo territorio ha».