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Pescara, 26/04/2024
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Data: 13/02/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Cinquestelle, si apre il processo dentro il partito. La Marcozzi, alla seconda sconfitta: «Non è colpa mia ma della legge elettorale». Solo silenzio dai vertici del partito. Colletti sembra aprire al civismo

L'AQUILA Due giorni di silenzio (quasi) tombale. Il Movimento Cinque Stelle è praticamente sparito dai radar dopo il voto abruzzese, almeno per quanto riguarda i suoi vertici nazionali. Raccontano di un Luigi Di Maio asserragliato nei suoi uffici del Ministero. Alessandro Di Battista rimanda tutte le valutazioni agli studi televisivi di Floris, alla puntata di Dimartedì. La delusione per i risultati è evidente. Almeno pari alla preoccupazione per le possibili conseguenze. Il processo, a cinque stelle, è sostanzialmente iniziato. Muto il blog ufficiale (è rimasto solo il post con le istruzioni di voto), mute le pagine Facebook. Non c'è traccia, al momento, dell'assemblea che la base, e anche qualche parlamentare, invocano fin dalle primissime ore dopo lo spoglio.
Di Maio si è chiuso in un lungo silenzio, interrotto solo da alcune considerazioni consegnate al Corriere della Sera. Tra cui la svolta che potrebbe portare presto alla caduta di uno dei tabù più granitici: il no alle alleanze a livello locale. Uno dei più scettici è il deputato Davide Galantino, colui che proprio alcuni giorni fa ha depositato una proposta di legge anti-ammucchiate che punta a disboscare la selva di liste civiche che partecipano alle elezioni comunali. «Personalmente - spiega Galantino - non credo nelle alleanze, credo nei programmi. Ora dobbiamo cercare di valutare gli errori fatti e ripartire. Questo penso». «Cinque anni fa in Abruzzo si votò alle europee e alle regionali contemporaneamente sostiene il sottosegretario Mattia Fantinati - alle prime prendemmo il 30 per cento, alle seconde il 21. Tante cose pesano per questa differenza, a partire dal sistema elettorale regionale. Se si mettono 10 liste tutte insieme contro di noi sarà sempre molto difficile vincere». Tra le idee emerse in Parlamento c'è anche quella di una struttura che si occupi dei territori non in modo episodico: «Ma il capo politico è in grado di occuparsi del Movimento mentre segue due ministeri e Palazzo Chigi?» la domanda che pare retorica.
POST
Se il livello nazionale tace, ieri Sara Marcozzi, alla seconda sconfitta da candidata alla presidenza, dopo quella del 2014, ha pubblicato un lungo post. Certamente per ringraziare gli elettori, i candidati e gli attivisti, ma anche per ammettere, passaggio non scontato, che sì, ci si aspettava di più: «In 5 anni abbiamo parlato di temi, affrontato problemi, cercato soluzioni. Abbiamo dimostrato che la nostra parola vale, che manteniamo le promesse, che siamo ispirati solo dall'interesse collettivo e non da interessi particolari. Non è bastato. Complice una legge elettorale che permette alle coalizioni formate da liste civetta (tutt'altro che civiche), create ad hoc un mese prima delle elezioni, di rastrellare voti città per città, quartiere per quartiere, scontiamo la coerenza di presentarci di fronte ai nostri concittadini con una sola lista, 29 contro 500. La buona notizia, comunque, è che in questa legislatura avremo due consiglieri in più, sette in totale. Non si molla di un millimetro».
ANALISI
La Marcozzi annuncia «una attenta analisi di questo risultato», ma per ora non ve n'è traccia. L'unico dibattito aperto, appunto, è quello sulla possibile apertura al civismo. Il deputato abruzzese Andrea Colletti si segnala come uno dei (pochi) favorevoli. «Mi sembra una buona idea, lo dico da un po' di anni... ma bisogna fare attenzione. L'espressione società civile - osserva - mi fa un po' paura perché spesso dietro la cosiddetta società civile si nascondono personaggi incivili. Ma con le nostre regole può essere buona idea. È una svolta che va gestita bene, facendo attenzione a chi rischi di mettere dentro». La consegna, soprattutto in Abruzzo, è quella del silenzio. «Abbiamo riconfermato i voti di cinque anni fa. Stop. Paghiamo i 29 candidati contro i 250 degli altri. I cittadini cui hanno messo all'opposizione e l'opposizione faremo»: è un po' questo il ragionamento attorno a cui ruotano le valutazioni di queste ore. Attenzione, però, al trend: si è passati dai 148.035 voti del 2014 (regionali) ai 303.006 delle Politiche di marzo. Oggi sono 126.165, dunque 22mila dalla scorsa tornata.

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