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Data: 08/08/2019
Testata giornalistica: Il Centro
Ultima chiamata per Di Primio: «Tutti a casa se non ho i numeri». Slitta al 13 agosto il consiglio comunale decisivo sul bilancio, gli assessori riconsegnano le deleghe. Spunta la lettera di accuse: «Burattinai dietro le polemiche». Il sindaco denuncia: «Subisco ricatti». E Febbo dà gli ordini ai suoi via Whatsapp «Non entriamo e non votiamo»

CHIETI Sei giorni per salvarsi e sventare l'arrivo di un commissario in Comune. Slitta al 13 agosto il consiglio comunale decisivo sul bilancio: se il sindaco Umberto Di Primio non riuscirà a trovare una maggioranza per approvare la manovra, torneranno tutti a casa. Partono oggi gli ultimi 6 giorni di trattative, poi o dentro o fuori. Ma la caccia ai voti si apre tra schizzi di fango e scambi di accuse: gli assessori - tutti tranne la delegata al bilancio Valentina Luise che il 13 dovrà riferire in consiglio dei conti del Comune e l'assente Emilia De Matteo - hanno riconsegnato le deleghe al sindaco. A chiedere un rimpasto di incarichi erano stati i 5 consiglieri ribelli di Forza Italia, in contrasto con il sindaco ormai da mesi. L'obiettivo dei 5 - Marco D'Ingiullo, Maura Micomonaco, Emiliano Vitale, Maurizio Costa ed Elisabetta Fusilli - è togliere la delega al commercio a Carla Di Biase, invisa all'assessore regionale Mauro Febbo a causa della candidatura alle elezioni regionali del 10 febbraio scorso. Di Biase, però, passata a Fdi, resta in giunta come tutti gli altri: la riconsegna delle deleghe non equivale a lasciare la squadra di governo. Ma se il gesto degli assessori sembra una mano tesa ai ribelli, la lettera inviata al sindaco dice che in città ci sono «alcuni burattinai» che muovono i fili delle polemiche: è un riferimento a Febbo? La lettera firmata in blocco dagli assessori parla di «pesantissime frizioni che negli ultimi mesi hanno caratterizzato i rapporti tra le diverse forze politiche di maggioranza». «Con il trascorrere delle settimane», denuncia la lettera, «nonostante l'approvazione del bilancio di previsione 2019, il clima non si è stemperato, dando così l'occasione alle opposizioni prima e alla stampa poi di dipingerci come un gruppo ormai allo sbando. Quali siano le reali ragioni che spingano alcuni burattinai a muovere i fili in tal senso, a un primo sguardo, non sono a noi comprensibili. Certo è», dicono gli assessori, «non possiamo continuare a prestarci a un gioco sporco che non ci appartiene». Il sindaco torna a parlare di «ricatti» e rivela: «I componenti della mia giunta, con un gesto di grande responsabilità, hanno riconsegnato le proprie deleghe per sollevarmi dai ricatti che sto subendo da parte di qualcuno che continua a "giocare" con la città». Di Primio non fa nomi. Si schiera, però, contro il presidente del consiglio Liberato Aceto: «Da qualche tempo», dice il sindaco, «vi è una parte della maggioranza, compreso il presidente del consiglio comunale, che decide di non partecipare ai lavori dell'assise civica pur avendo dato la mia disponibilità per un confronto. Non comprendo questo atteggiamento». Si tornerà in aula il 12 e 13 agosto: «Se ci saranno i numeri andremo avanti altrimenti», annuncia Di Primio, «chiuderemo questo capitolo con l'orgoglio, da parte mia, di aver fatto tutto quanto dovevo come sindaco senza cedere ai ricatti di qualche burattinaio che pensa di governare le persone da fuori». Il sindaco si dice pronto al rimpasto ma gli incarichi alle finanze di Luise e di Maria Rita Salute alle politiche della casa sono considerati intoccabili. Del resto, nel mirino di Forza Italia non ci sono né Luise né Salute: i consiglieri comunali e Febbo, punto di riferimento dei 5, ce l'hanno con Di Biase. «Le altre deleghe», dice il sindaco, «sono a disposizione dei partiti che ne possono rivendicare la sorte. Non c'è qualcuno più forte degli altri che può decidere di spostare deleghe e persone. Chi oggi continua a mestare nel torbido lo fa non per il bene della città ma per interessi particolari. Se si vogliono le dimissioni del sindaco si venga in aula a presentare una mozione di sfiducia».


E Febbo dà gli ordini ai suoi via Whatsapp. Il retroscena. L'assessore regionale, punto di riferimento dei ribelli: «Non entriamo e non votiamo»

CHIETII messaggi inondano i gruppi Whatsapp di Forza Italia mentre, in consiglio comunale, il sindaco Umberto Di Primio è ancora una volta senza maggioranza. I ribelli non si presentano in aula, ma le trattative vanno avanti anche in quei minuti ad alta tensione. Sono da poco passate le 10 quando, sulle chat dei forzisti, arriva la foto della lettera con cui gli assessori rimettono le deleghe nelle mani del sindaco. Tra le richieste presentate da Forza Italia, infatti, c'è anche un rimpasto di giunta. Crisi rientrata? Macché. Passano 5 minuti esatti ed ecco che arriva la risposta dell'assessore regionale Mauro Febbo, punto di riferimento dei 5 consiglieri che hanno voltato le spalle a Di Primio. Lo strappo non si sana perché la richiesta di Forza Italia è un'altra: la cacciata di Carla Di Biase, assessore al commercio, colpevole di essersi candidata alle ultime elezioni regionali senza il benestare di Febbo. Così, via Whatsapp, è proprio Febbo a lanciare un messaggio che suona più o meno così: a queste condizioni, noi il bilancio continuiamo a non votarlo. Fin qui le chat. Ma a fine mattinata Marco D'Ingiullo, capogruppo in consiglio comunale, spiega: «Non avendo ricevuto risposte concrete in merito alle nostre richieste, abbiamo mantenuto la parola e non siamo entrati in consiglio. Nel corso della giornata, abbiamo ricevuto notizia di un possibile ritiro della delibera relativa al consuntivo con conseguente spostamento del consiglio al 13 agosto, ultimo giorno utile. Con senso di responsabilità e con l'intento di concedere ulteriori giorni all'amministrazione, in modo da portare a termine le nostre istanze, all'ultimo secondo io e la consigliera Maura Micomonaco siamo entrati in consiglio per garantire la superiorità numerica. Durante la mattinata, era stato prodotto un documento, non proprio gradevole, con cui gli assessori rimettevano le proprie deleghe al sindaco. Documento inutile e irrispettoso nei nostri confronti che, puntualmente, non abbiamo preso in considerazione. Noi non abbiamo chiesto le dimissioni degli assessori, ma giudichiamo insufficiente quanto fatto per la città in tema di commercio, che da sempre è la colonna portante dell'economia».

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