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Data: 01/05/2019
Testata giornalistica: Il Messaggero
Di Maio stoppa la flat tax leghista e in Cdm è scontro sull’Autonomia

ROMA «Abbiamo battuto il catastrofismo di chi ci considerava degli incapaci. E nel secondo semestre andrà ancora meglio, il tempo sarà galantuomo...». Luigi Di Maio corre a brindare, appena a Tunisi rimbalza la prima buona notizia economica da quando è nato il governo giallo-verde. Ma le elezioni europee sono tra 25 giorni e perfino in terra d'Africa, nonostante un incontro a pranzo, il capo 5Stelle e Matteo Salvini riescono a bisticciare sulla flat-tax. Sull'Iva, come da copione, invece corrono a bocciare il buonsenso economico del ministro Giovanni Tria. E in nottata, durante la riunione del governo che ha dato il via libera alle nomine in Bankitalia, Di Maio e Salvini litigano anche sull'autonomia differenziata. L'ormai tristemente famoso Spacca Italia.
Ma partiamo dal Pil in leggera crescita. Con le elezioni alle porte, Salvini lo celebra rilanciando la flat-tax. Il suo cavallo di battaglia, perfetto da spingere al galoppo proprio adesso che l'economia mostra un sussulto di segno più: «La riduzione delle tasse per famiglie e lavoratori è doverosa. Bisogna farlo senza dubbi e ritardi».
A Di Maio e a Conte viene recapitata la dichiarazione di Salvini dopo pochi minuti. Il tempo di mettere ordine alle idee tra un bilaterale con il tunisino Youssef Chadhed e una comparsata al forum economico, e premier e vicepremier grillino decidono la frenata. Conte mette a verbale per disinnescare l'offensiva elettorale di Salvini: «Non è questo il momento di parlare di riforma fiscale. La vogliamo fare, ma nei prossimi mesi abbiamo una manovra economica da affrontare». Della serie: se ne parla a tempo debito, in autunno, quando si affronterà con la legge di bilancio il complesso degli interventi economici per il 2020.
Inutile dire che Di Maio si attesta sulla stessa linea, convinto che «la flat-tax debba avere un coefficiente familiare, in modo da aiutare il ceto medio e non i ricchi come invece vorrebbe Salvini». In più, nel ruolo del guastatore, il grillino pianta un bel paletto per far andare di traverso al capo della Lega il suo proclama: «Flat tax? Io di certo non voglio aumentare l'Iva».
Salvini non prende bene il doppio stop. E si fa sentire, «in modo ruvido» riferiscono i suoi, con Conte a margine del carosello di vertici tunisini. Tant'è, che poco dopo, dall'entourage del premier arriva la frenata della...frenata: «Le parole di Conte sono state chiare e inequivocabili, la flat-tax va fatta, è un obiettivo di tutto il governo e un punto qualificante del contratto».
Sullo sfondo il nodo è quello di sempre: le risorse per la riforma fiscale e i 23 miliardi necessari per sterilizzare lo scatto dell'Iva. E, come d'incanto, quando si parla di aumentare l'imposta sui consumi Di Maio, Salvini e perfino Conte corrono a bacchettare Tria. La ragione è evidente: a ridosso delle elezioni è un suicidio politico far balenare un'impennata della pressione fiscale.
Ma questa è una storia che verrà scritta da qui all'autunno, quando la legge di bilancio dovrà essere messa nero su bianco. Il governo - lite sulla flat-tax ed ennesimo stop sull'Iva a parte - si occupa soprattutto «i buoni dati economici». E Conte, al pari di Di Maio e di Salvini, è convinto che «nel secondo semestre si può fare ancora di più», scongiurando il rischio di una manovra correttiva del conti anche grazie alle minori spese registrate per il reddito di cittadinanza e quota 100. «Questo è solo l'inizio», dispensa ottimismo con i suoi Di Maio, «appena si vedranno gli effetti del decreto crescita, dei nuovi investimenti, della spinta che produrrà lo sblocca cantieri, oltre alla piena attuazione del reddito di cittadinanza, arriveranno numeri ancora migliori».
LA BATTAGLIA SULL'AUTONOMIA
Lo scontro si riaccende in nottata. Appena terminata la riunione del governo, Salvini fa sapere: «Fatti passi avanti sull'autonomia, le intese con le Regioni saranno portate al prossimo Consiglio dei ministri». Passano pochi minuti e Di Maio, che non può davvero permettersi il varo dello Spacca Italia alla vigilia delle elezioni, stoppa l'accelerazione leghista: «Ma quale intesa? Le priorità sono altre: il salario minimo e il taglio degli stipendi dei parlamentari».
Segue il racconto di fonti grilline: «Durante la riunione, la ministra leghista Stefani ha messo sul tavolo il dossier autonomie. Diversi colleghi però l'hanno giudicato un compitino precario e incompleto. Certo, Salvini ha comunque chiesto di portare le intese sull'autonomia al prossimo Consiglio, ma nessuno gli ha risposto. La cosa è stata lasciata cadere nel vuoto...». Per provare a metterci una pezza, Conte si lancia nell'ennesimo tentativo di mediazione: «Facciamo un tavolo ad hoc per sciogliere i nodi. Solo dopo la riforma andrà in Consiglio». Non prima di giugno. Da vedere se il governo giallo-verde starà ancora in piedi.

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