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Data: 28/04/2019
Testata giornalistica: Primo piano
Anas, editoria e sanità: Molise in modalità off

CAMPOBASSO. Presto per affermarlo. Il governo si è insediato appena un anno fa e con esso è concretamente partita l’attività parlamentare. Ma il rischio che quella che rappresenta il Molise sarà in futuro ricordata come la classe politicodirigente più sbiadita della storia recente è concreto. Le redazioni, più che negli anni passati, sono quotidianamente inondate di note stampa che, a leggerle, farebbero pensare di vivere in un altro mondo. Le sottoponiamo ai lettori, sempre più convinti che il giornalista, prima di commentare, deve narrare i fatti. Se la deputazione parlamentare dice che in Molise l’economia è ripartita, Primo Piano darà conto di quella informazione. Ognuno, poi, ha il suo metro di misura e giudizio per valutare in autonomia e senza condizionamenti se quanto narrato corrisponde al vero o meno. Ai più non è sicuramente sfuggita la notizia resa nota dalle sigle sindacali di categoria circa il riassetto territoriale delle sedi Anas. Il Molise sarà accorpato all’Abruzzo. Amen! Qualcuno ha sentito un solo parlamentare molisano (stesso dicasi per i rappresentanti istituzionali locali) pronunciare una sola parola in merito? Perdere la sede Anas mi suggerisce chi con la struttura ha a che fare per ragioni di lavoro non è una cosa da poco, anzi. Eppure tutto sta passando sottotraccia, nell’assoluto silenzio e, a questo punto mi permetto di definirlo menefreghismo, della classe dirigente. Dico Anas, per dire sanità. Il governo gialloverde, con il sostegno di deputati, senatori e consiglieri regionali pentastellati del Molise, dopo aver temporeggiato otto mesi a far data dalle elezioni vinte da Toma, ha nominato i commissari della sanità. Quindi, è bene ricordarlo, per otto mesi la struttura commissariale non ha avuto il vertice. Chi ha operato da aprile a dicembre 2018 in luogo dei commissari? Nessuno. Come annunciato Urbi et orbi, il gruppo 5 Stelle in Consiglio regionale, a sei mesi dall’insediamento, quindi a giugno, avrebbe chiesto conto a Giustini e Grossi dell’attività svolta. Non credo di essere il solo ad aspettare con forte trepidazione quella data per capire cosa diavolo stia succedendo. Dalla narrazione dei fatti, accade poco o nulla. Se non un costante peggioramento delle condizioni di chi per una qualsiasi ragione trascorre qualche giorno nelle strutture ospedaliere della ragione, di chi deve eseguire un controllo, di chi deve prenotare una visita. All’impazienza, almeno personalmente, unisco la fiducia. Magari la sanità sta cambiando in meglio ed è solo un problema di comunicazione. Vedremo (e speriamo). In Molise, ce ne siamo occupati di nuovo ieri grazie al contributo dai consiglieri nazionali dell’Ordine dei giornalisti (Cimino e Santimone) che hanno avviato una clamorosa protesta, fra qualche anno, ma probabilmente anche prima, potrebbero cessare l’attività gli unici due quotidiani che ancora resistono alla crisi e tutte le emittenti televisive. I quotidiani pagano lo scotto del proliferare di siti web. Pochi quelli che hanno le carte in regola, ovvero, che pagano i giornalisti, che versano loro i contributi, che pagano le imposte. Molti quelli che fanno ammuina. Ma i giornali cartacei pagano anche e soprattutto la mancata distribuzione nella metà dei comuni della regione. Probabilmente chi vive a Isernia, Campobasso, Bojano, Venafro o Termoli non sa che, per esempio, a Sepino, a Guardialfiera, a Limosano, piuttosto che a Filignano, i quotidiani, quelli locali, quelli nazionali e le riviste in genere, non vengono recapitati. Chi si occupa della distribuzione è un soggetto terzo rispetto agli editori, che evidentemente non ha interesse a coprire tutta la regione. Fatto che accade anche in altri luoghi del Paese, ma non con una percentuale altissima di comuni non serviti come nel Molise. Chi, nonostante gli innumerevoli solleciti, ha preso a cuore il caso? Nessuno! A chi la Costituzione demanda il “potere” di scrivere leggi per regolamentare l’informazione sul web? Chi dovrebbe difendere il diritto di anziani e non che vivono nei piccoli centri - tra l’altro messi malissimo con le connessioni internet - a trovare i quotidiani in edicola? Attenzione! Parliamo di un problema che diventa sempre più ampio ma che si protrae da anni. Lo sanno i parlamentari di questa legislatura, lo sapevano quelli che li hanno preceduti a Montecitorio. Lo sa il governatore Toma, così come lo sapeva Frattura. Lo sanno i consiglieri regionali che oggi siedono tra i banchi di Palazzo D’Aimmo ed erano ben informati quelli che hanno lasciato la poltrona un anno fa. Per non parlare del settore televisivo. È in corso una disastrosa revisione normativa avviata dal governo Renzi, quello, per intenderci, sostenuto da Frattura, Fanelli e Facciolla, e portata a termine da Palazzo Chigi, Camera e Senato gialloverdi (quindi, da Mazzuto, Federico & Co.), che ha avviato all’eutanasia l’emittenza locale, in particolare quella che opera nelle piccole regioni. Gli editori molisani, guarda caso, sono i più penalizzati. Il governo ha eliminato le sovvenzioni pubbliche, che restano invece corpose, addirittura aumentate e non di poco, per chi ha la fortuna di vivere in Lombardia, in Veneto o nel Lazio, ma anche in tutte le altre regioni che superano il milione di abitanti. Ha inoltre stravolto la norma dell’esercizio delle frequenze: nell’arco di pochi mesi lo Stato revocherà le concessioni (a tutte le emittenti italiane) in cambio di un indennizzo pari a circa 30 centesimi per abitante. Quindi, un’emittente molisana, penso alla ‘nostra’ Teleregione o a Telemolise, ma ancora a Tlt o a Tvi, in cambio di circa 90mila euro (praticamente quanto spende in un mese per assicurare l’informazione ai telespettatori) dovrà spegnere il segnale (all’emittente lombarda andranno per la stessa ragione 3 milioni di euro). Per poi chiedere al “gestore nazionale”, figura che sarà a breve individuata con un bando (i cui criteri di aggiudicazione non danno speranza agli editori molisani) quanti soldi vuole ogni mese per il fitto di un canale. Fermo restando che ci siano canali disponibili per le “povere” emittenti molisane. E chi lo sta difendendo il Molise? Nessuno! L’estate scorsa fu organizzato un incontro con la deputazione parlamentare molisana. Oltre ai 5 Stelle, prese parte al summit anche la forzista Annaelsa Tartaglione. L’onorevole, pardon, il portavoce Antonio Federico (e gli altri parlamentari del suo Movimento) assunse un impegno rispetto ad una norma che di lì a poco sarebbe arrivata in Aula. Ovvero, la conversione in legge di un decreto. Conversione in legge dello Stato per sterilizzare i ricorsi in itinere. Ebbene, la deputata Tartagione, a cui do pubblicamente merito, senza girarci troppo intorno, affermò rivolgendosi a Federico: non prendere impegni perché voi in Aula alzate la mano secondo quanto vi dicono di fare. E se la Lega - ribadì - ha deciso su pressione delle emittenti del Nord che quel decreto deve essere convertito in legge, voi lo voterete. Fu profeta la deputata forzista o l’esito era fin troppo scontato? Quel decreto, che riguardava il sostegno all’emittenza radiotelevisiva, diventò dopo qualche giorno legge anche con il voto dei parlamentari 5 Stelle. E sulle frequenze il governo sta andando avanti spedito. E al Molise chi ci pensa? Ci sta pensando chi governa e lo governa, a spegnerlo. Come le frequenze delle tv. Definitivamente.

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