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Data: 10/07/2019
Testata giornalistica: Il Centro
Di Primio torna e lancia la sfida: sfiduciatemi se avete coraggio. Il sindaco ritira le dimissioni e va avanti, ma deve trovare i numeri per governare: non abbasso la testa. Ora partono le trattative per il rimpasto degli assessori: non caccio nessuno, Di Biase resta al suo posto. E adesso è tutti contro tutti. La maggioranza non c'è più. In consiglio il sindaco non ha i numeri: può contare solo su dieci fedelissimi. Forza Italia rilancia: senza accordi, non votiamo. Ma la giunta sta con Di Primio il retroscena

CHIETI «Se vogliono il commissario, devono avere il coraggio di sfiduciarmi e di votare no al bilancio consuntivo. Io abbasso la testa solo per raccogliere la genziana». Il sindaco Umberto Di Primio, nel giorno in cui annuncia il ritiro delle dimissioni, lancia la sua ultima sfida ai 5 consiglieri ribelli di Forza Italia e ai due dell'Udc. La caccia per arrivare a una nuova maggioranza è andata avanti fino a notte fonda. Il dato oggettivo è che Di Primio non ha i numeri per proseguire. Ma il primo cittadino ha deciso comunque di conservare il suo posto, preparandosi a giorni di trattative ad oltranza per trovare un'intesa con i suoi ex alleati e superare lo scoglio del bilancio consuntivo. Dopo il no del gruppo di opposizione Chieti Da Capo, Di Primio non ha altra scelta se non l'accordo con chi ha definito, a più riprese, traditori e ricattatori. «Cadremo? Pazienza», ostenta sicurezza il sindaco. «Io non faccio politica per campare ma perché mi piace. E io continuerò a camminare a testa alta lungo il Corso, senza paura, perché sono orgoglioso di quello che ho fatto: rispetto a 9 anni fa, Chieti è una città migliore nonostante i tagli del governo. A livello amministrativo invece, tanto per fare un esempio, le partecipate non sono più viste come lo strumento nelle mani di qualcuno. Per capirci, io non ho raccomandato nessuno né a Chieti Solidale né a Teateservizi». Dopo un giorno di silenzio assoluto, Di Primio torna loquace. Lo fa in una conferenza stampa di 45 minuti, convocata all'hotel Iacone di viale Abruzzo («il titolare è il mio portafortuna politico, qui ho lanciato anche la campagna elettorale del 2015»). Il sindaco fa una premessa: «Ho ritirato le dimissioni all'ultimo secondo utile non per una strategia: è stata una lotta continua con la voglia di allontanarmi da qualcosa che mi ha umanamente disgustato». A sentire Di Primio, sono tre i motivi che lo hanno spinto a proseguire: «L'ho fatto in segno di riconoscenza per le migliaia di persone che volevano che andassi avanti. L'ho fatto per rispetto nei confronti dei 10 consiglieri comunali e della giunta: loro, come me, ci hanno sempre messo la faccia. Politicamente, invece, l'ho fatto perché vuol dire non rischiare che si perdano 40 milioni di euro di lavori che permetteranno alla città di guardare al futuro». Di Primio si infervora mostrando una mappa delle opere pubbliche da realizzare e si dice «arrabbiato» perché sono stati persi «tre mesi dietro a inutili questioni che potevano essere trattate e risolte in poco tempo». Poi, attacca i 5 ribelli forzisti, espressione dell'assessore regionale Mauro Febbo: «Io non ho bisogno di strateghi che si nascondono dietro a qualcuno. Io ho bisogno di gente che ha passione, determinazione e libertà per fare in modo che questa città possa realizzare i progetti ottenuti con anni di duro lavoro». Le prossime mosse quali saranno? «Si può fare tutto: non mi spaventa un rimpasto di giunta. Ma io non caccio nessuno e non tolgo le deleghe a nessuno». Il sindaco, dunque, blinda anche l'assessore Carla Di Biase, finita nel mirino di Forza Italia dopo che si era candidata alla Regione senza il benestare di Febbo. Una cosa è certa: il clima rimane incandescente. A tal punto che il primo cittadino lancia un'altra provocazione: «Se qualcuno vuole che questa amministrazione interrompa il proprio percorso, faccia una mozione di sfiducia, venga in consiglio comunale, voti contro il consuntivo e faccia venire il commissario. Ma si sappiano nomi e cognomi di chi determina queste cose. Già la mattina del 2 luglio ero convinto che fosse finita la mia esperienza in Comune: non sapevo che Mario Troiano avrebbe garantito il numero legale. Tanto per essere chiari, non c'è stato nessun inciucio». Non manca un'apertura all'opposizione: «Ben vengano, in consiglio comunale, i voti che non sono del centrodestra. Ho sempre amministrato senza vincoli di parte e senza chiudermi dinanzi alle buone idee per la città da qualunque parte provengano». Ed ecco la stangata finale a Febbo: «Non ho problemi a incontrare chicchessia. Ma nominerò un ministro degli Esteri: non intendo parlare con chi non ha nulla a che fare con il Comune».

E adesso è tutti contro tutti. La maggioranza non c'è più. In consiglio il sindaco non ha i numeri: può contare solo su dieci fedelissimi. Forza Italia rilancia: senza accordi, non votiamo. Ma la giunta sta con Di Primio
il retroscena

CHIETI E adesso è tutti contro tutti. Inizia sotto il segno delle liti nel centrodestra l'ultimo anno in Comune del sindaco Umberto Di Primio. Dopo il ritiro delle dimissioni, Di Primio si ritrova una giunta di 9 assessori che lo appoggiano ma in consiglio è un'altra storia: qui Di Primio guida una ormai ex maggioranza di appena 10 fedelissimi. Poi ci sono gli 8 consiglieri ribelli: 5 di Forza Italia legati all'assessore regionale Mauro Febbo, i primi ad aprire la crisi del Comune, il presidente Liberato Aceto e due pezzi dell'Udc, Mario De Lio e Roberto Melideo. Eccolo il paradosso della politica teatina: Forza Italia protesta dal consiglio ma ha due assessori in giunta, Mario Colantonio ed Emilia De Matteo; l'Udc, che in giunta ha l'assessore Antonio Viola, è spaccata: Marco Russo e Clara Ricciardi sono schierati con Di Primio mentre De Lio e Melideo si siedono tra i dissidenti del centrodestra. Un rebus. Dall'altra parte, contando anche i tre consiglieri del gruppo Chieti Da Capo, Stefano Rispoli, Enrico Raimondi e Mario Troiano, l'opposizione arriva a 14 voti. Fatti i conti, quindi, ribelli e consiglieri di minoranza sono 22: per sfiduciare il sindaco servono 17 firme. Ma è un'ipotesi quasi impossibile. È quanto traspare dalle parole del sindaco: «Qui ci sono 11 persone che ci mettono la faccia e altre 20 che sperano che si arrivi sempre a 14. E mi fermo qua». Dopo le dimissioni revocate, ricomincia un altro scontro. Forza Italia, con il capogruppo Marco D'Ingiullo e i consiglieri Maura Micomonaco, Emiliano Vitale, Maurizio Costa ed Elisabetta Fusilli, mette in chiaro: «Se le nostre richieste fossero accolte», dice D'Ingiullo, «saremmo disposti a tornare in maggioranza. In caso contrario, salvo il "Troiano" di turno, il sindaco dovrà licenziare il consuntivo con i suoi 10 consiglieri ieri presenti in conferenza stampa». Il voto sul bilancio consuntivo è il prossimo scoglio per Di Primio: entro il 19 luglio, su diffida del prefetto Giacomo Barbato, la giunta dovrà approvare il documento e non dovrebbero arrivare colpi di scena; poi, però, il bilancio varato dalla giunta dovrà passare in consiglio e ripartirà la caccia ai voti. «Adesso», continua D'Ingiullo, «si grida allo scandalo per l'eventuale arrivo di un commissario prefettizio ma, qualche mese fa, il sindaco cercava di proiettarsi alla presidenza della Regione senza preoccuparsi minimamente dello scioglimento del consiglio e dei tanto famigerati 40 milioni di opere pubbliche». E D'Ingiullo replica al sindaco che, durante la conferenza stampa, ha parlato di richieste senza motivazioni: «Riguardo i motivi legati ai maggiori finanziamenti da girare al Teatro Marrucino, sono stati illustrati in una riunione convocata dal vicesindaco Giuseppe Giampietro; su Teateservizi ribadiamo le nostre posizioni per l'assunzione dei vincitori di concorso e l'avviso pubblico per gli altri in modo da trasformare i contratti da tempo determinato a indeterminato con conseguente risparmio fiscale. L'amministrazione su questo ha sempre tergiversato. Infine, piano commercio e la questione politica relativa all'assessore Di Biase».

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