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Data: 13/11/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
«Tav, l'ok entro dicembre» Parigi incalza l'Italia L'Ue: pronti a salire al 50%. Appendino ora chiede aiuto a Di Maio «Torino protesta, da sola non reggo più»

PARIGI Ridiscutere integralmente la Tav va bene, aspettare i lavori della Commissione pure, e benissimo anche la validazione degli esperti internazionali, soltanto che il tutto non può essere rimandato alle calende greche, ma dovrà avvenire «nel rispetto degli obblighi di calendario previsti dagli impegni internazionali», ovvero, secondo una fonte francese vicino al dossier, «entro la fine dell'anno». Un mese e mezzo, poi bisognerà dire sì o no, perché il calendario sulla pubblicazione dei bandi Telt per le gare d'appalto è stato già congelato abbastanza.
LE POSIZIONI
La Francia «non vuole in nessun modo intromettersi nelle vicissitudini italiane» del governo del cambiamento, ma non è «nemmeno disposta ad aspettare indefinitamente» il verdetto della Commissione. Ieri la ministra dei Trasporti francese Elisabeth Borne e il ministro delle Infrastrutture italiano Danilo Toninelli si sono visti a Bruxelles per un mini vertice Tav, due giorni dopo la piazza del Sì di Torino, ma anche mentre i Cinquestelle al governo e fuori (da Roberto Fico a Beppe Grillo) continuano a martellare che è meglio di No.
Per il ministro Toninelli va tutto bene e non c'è nessun problema con il partner francese. «La mia omologa francese Elisabeth Borne ha preso atto dell'impegno formalmente assunto dal governo italiano di ridiscutere integralmente il progetto della linea Torino-Lione, come recita il Contratto di governo - si legge in una nota del ministero delle Infrastrutture - e al riguardo, ho rappresentato la volontà, già più volte manifestata, di condividere con esperti francesi gli esiti preliminari dell'analisi costi-benefici che stiamo svolgendo, per sottoporla successivamente all'ulteriore e definitiva validazione da parte di studiosi internazionali». Secondo Toninelli «la ministra Borne ha concordato sull'idea che, in vista di questo comune obiettivo, sia necessario rinviare la pubblicazione dei bandi di Telt per il tunnel di base, prevista entro dicembre. L'intesa con la Francia sul congelamento delle gare, fino al compimento dell'analisi costi benefici, sarà esaminata assieme alla Commissione Ue per non pregiudicare gli accordi internazionali».
Ma dall'altra parte delle Alpi non sembra che i tempi possano dilatarsi all'infinito. Il governo italiano ha già ottenuto una proroga da fine novembre a fine dicembre, sembra difficile poter andare oltre. Al ministero francese restano prudenti e fiduciosi, ma non parlano di nessuna intesa sul «congelamento delle gare». Confermano invece di essere in attesa di un confronto con gli italiani «sui risultati preliminari dell'analisi costi-benefici» ma, sottolineano, «integrando pienamente gli obblighi di calendario come previsto dagli impegni internazionali, in particolare in termine di finanziamenti europei».
Uno sblocco della vicenda potrebbe arrivare proprio da Bruxelles, dove l'Europa sarebbe pronta a passare dal 40 al 50% di partecipazione al costo totale dell'opera. I francesi sperano in un lieto fine, anche se a Parigi continua il dibattito sul calendario dei lavori delle vie di accesso al tunnel. Ieri dal governo italiano sono arrivati segnali di apertura «al dialogo», ma anche la persistente convinzione che la Tav non s'ha da fare. Per il presidente della Camera Roberto Fico «è giustissimo incontrare i Sì Tav, fermo restando che il mio pensiero resta che la Tav è un'opera obsoleta e non va assolutamente fatta».
LE MOSSE
Dopo aver visto la sindaca di Torino Chiara Appendino, anche il vicepremier Luigi Di Maio ha detto di voler incontrare i rappresentanti della manifestazione di Torino «nei prossimi giorni, con il premier Conte, il ministro Toninelli e altri rappresentanti del governo del cambiamento». Ma il Comitato Sì, Torino va avanti vuole soprattutto vedere il presidente Mattarella, al quale intendono chiedere «di farsi garante che qualsiasi decisione sulla Tav sia frutto di giudizi non di parte o espressione di pregiudizi ideologici». Mino Giachino, ex sottosegretario ai Trasporti di Berlusconi ha annunciato due proposte di legge: una per consentire il blocco di opere come la Tav soltanto «da un voto parlamentare con maggioranza qualificata del 75 per cento» e un'altra per affidare al presidente della Camera «la nomina di commissioni di esperti, comprendente rappresentanti del mondo produttivo, per l'analisi di costi-benefici di opere strategiche».

Appendino ora chiede aiuto a Di Maio «Torino protesta, da sola non reggo più»

ROMA Bisogna tenere botta, sul No Tav, fino alle elezioni Europee. Facendo fuoco e fiamme per incassare, a beneficio M5S, il dividendo di questa battaglia identitaria. Dopo di che, passato il voto di maggio, si apriranno altri scenari, anche sull'alta velocità, oltre che sul governo. E dunque, la linea che Di Maio ha trasmesso alla sindaca torinese Appendino, nell'incontro di ieri, è quella di tenere il punto sul No Tav. Anche se la sventola scagliata dalla super-piazza di sabato a Torino continua a fare male, molto male, sia alla Appendino sia a Di Maio.
LA RESISTENZA
Resistere nel niet, nonostante si sentano circondati da un Paese che vuole velocità e sviluppo, è la condotta decisa nell'incontro a due e si tratta di una resistenza - di cui sembra più convinto Di Maio che la Appendino: «Guarda, Luigi, non possiamo sottovalutare la manifestazione di piazza Castello, anche se non è proprio vero che non fosse partitica» - che può giovarsi, ma non a lungo, della disponibilità di Salvini a non imporre le sue idee in materia, che non sono affatto da decrescita felice.
Tra i due, la sindaca e il vicepremier, il più arcigno è quest'ultimo. Mentre la Appendino - di cui dice chi la conosce bene: «Anche lei è convinta che alla fine la Tav si farà» - in queste ore ai suoi interlocutori sta mandando questo messaggio: «Da sola ormai non posso reggere più Torino, la città protesta e io ho bisogno di aiuto». Il fatto è che per garantire l'unità dei 5 stelle, ossia per rispetto della ragion di partito, la sindaca ha finito per sottostare alle esigenze nazionali e propagandistiche del suo movimento ma così facendo si è messa contro la maggioranza della sua città. Adesso, in cambio, le serve da Di Maio «tutta la protezione e lo sviluppo che il governo può dare a Torino, sennò...».
Sennò una situazione politicamente gravissima, qual è quella in cui versa la sindaca spaesata, potrebbe perfino portare alla fine anticipata della sua esperienza di governo. Sembra essere messa peggio lei della Raggi. «Ho il dovere di collaborare anche con chi non la pensa come me», ha detto a Di Maio. Aggiungendo: «Ma nessuno mi dà più ascolto».
E infatti le sette madamine - le celebratissime donne organizzatrici della piazza Sì Tav - sono assediate dalla richiesta della sindaca: «Vediamoci anche subito, sono pronta a ricevervi adesso». Ma loro prendono tempo. «Vogliamo alzare il livello dello scontro», sorridono: «Ovvero portare la questione Torino al Colle». Poi accetteranno l'invito della sindaca e intanto la lasciano soffrire: non hanno ancora inviato la richiesta di incontro al Capo dello Stato e al Quirinale infatti nulla per ora è arrivato. E si tratterà di vedere come impostare la questione nei giusti binari istituzionali. Le madamine stanno preparando il dossier da portare al Colle e dentro c'è di tutto, dalla mobilità al lavoro, dell'innovazione alle politiche sociali. Quasi un programma di partito. E chissà se non finirà per essere quello del Pd alle Europee, e alle successive regionali, ma senza il logo Pd.
È l'ambito imprenditoriale, su questo Di Maio e Appendino concordano, quello da cui tentare una difficile ripartenza. Al mondo imprenditoriale che fino a prima del no alle Olimpiadi sosteneva la sindaca adesso va dato qualcosa. «Dobbiamo lanciare un segnale», dicono la sindaca e il vicepremier. Che però nell'operazione recupero di un rapporto con i ceti imprenditoriali, non solo piemontesi ma di tutto il Nord da cui M5S sta sparendo, sono disturbati, ma non lo dicono, dalle sortite anti-borghesi di Grillo. E così, al termine del colloquio tra Luigi e Chiara si apprende che il sindaco ha chiesto al vicepremier di inserire anche Torino tra le aree industriali in crisi. Torino come Taranto. Il soccorso alla Appendino per non perderla e per non perdersi.
LA PROSPETTIVA
E comunque il grillino No Tav è destinato a svettare fino a maggio. Dopo il voto, con un ritocchino qui e uno lì, togliendo la stazione mega galattica di Susa, eliminando il contestato raccordo di Orbassano, la grande opera probabilmente ripartirà. Con questo governo o magari con un altro.

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