MONTORIO Si è impiccato nel bagno di casa. Nessuna lettera, nessun messaggio. G.V., 49 anni, autista di scuolabus, ha scelto di andarsene per sempre poco prima delle 20. Quando i congiunti lo hanno trovato non c’era più nulla da fare. Raccontano che alcune recenti vicissitudini familiari lo avessero segnato profondamente, facendolo precipitare in un cono senza luce. Era apprezzato per il suo lavoro, benvoluto da tutti, considerato affidabile e diligente mentre guidava lo scuolabus con cui ogni giorno faceva il giro del paese. Due anni fa era rimasto coinvolto nel caso del bambino dimenticato sul bus dall’assistente (leggi l'articolo) e per questo, insieme all’autista che aveva scoperto il piccolo, era finito a processo per favoreggiamento personale. Quel giorno lui non era alla guida, ma secondo l’accusa della procura lui e l’altro collega avrebbero cercato di coprire la donna fornendo versioni diverse. Accuse tutte da dimostrare in un processo in corso con un’altra udienza fissata ad ottobre. Il caso del piccolo dimenticato sullo scuolabus da un’assistente risale al novembre del 2011: diventò un caso nazionale con servizi sulle reti Mediaset, sulla Rai e articoli sulle cronache dei quotidiani più diffusi. Per più di tre ore un bambino di 4 anni rimase a bordo del mezzo dopo essersi addormentato durante il tragitto verso scuola. Il piccolo rimase chiuso nello scuolabus, nel frattempo parcheggiato in un luogo isolato, fino a quando in tarda mattinata l’assistente e l’autista (un collega di G.V.), non tornarono per compiere il giro di ritorno. L’assistente inizialmente venne indagata per abbandono di minore, un reato che però presuppone il dolo. Non è questo il caso, essendo stata una distrazione pur gravissima. Per questo la procura, anche in presenza di alcuni referti medici che avevano certificato uno stato di agitazione e disidratazione del piccolo, successivamente ha cambiato l’imputazione in lesioni. Reato per cui l’assistente è davanti al giudice di pace, competente per questo tipo di reato. La donna nel 2011 lavorava alle dipendenze di una cooperativa che all’epoca dei fatti gestiva il servizio per il Comune. A denunciare il caso furono i genitori del piccolo: successivamente partì l’inchiesta con la raccolta di testimonianze da parte dei carabinieri di Montorio. Per giorni vennero ascoltati decine di testi nel tentativo di ricostruire tutti i particolari dell’episodio e proprio durante queste audizioni sarebbero emerse delle discrasie nelle versioni degli autisti: diversità che hanno portato la procura ad ipotizzare nei loro confronti l’accusa di favoreggiamento